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Attraverso la malattia

Sul vocabolario leggiamo che la malattia è un’anormale condizione dell’organismo causata da alterazioni organiche o funzionali. In sostanza, quindi, la malattia è uno squilibrio che porta ad avere qualche tipo di sintomatologia. La guarigione diventa così lo scopo principale, molto importante, di alcuni giorni della nostra vita.

Durante la storia dell’umanità, l’approccio alla malattia è stato molto disparato. In antichità spesso, sia le patologie che le cure, assumevano connotazioni magiche e sovrannaturali, ricercando le cause in punizioni divine o negli scherzi di spiriti dispettosi, e curando con strumenti che il mondo moderno ha relegato, nel migliore dei casi, nella fare della superstizione. Almeno questo è ciò che ci hanno insegnato a scuola.

Nelle aule ci hanno anche mostrato, attraverso gli esempi delle varie epidemie, quanto quei popoli fossero ignoranti in materia d’igiene (del corpo, degli alimenti e degli ambienti), di fisiologia, di eziologia e di tante belle branche della scienza moderna che ci fa elevare a dei veri dotti, rispetto alle retrograde popolazioni barbare dei secoli addietro.  Dando per scontato che tutto ciò sia vero, viene da chiederci come mai, con tutta la nostra pulizia, il nostro progresso e la medicina moderna, ancora le malattie non siano scomparse.

Secondo questa logica, anche attualmente, le popolazioni meno progredite dovrebbero estinguersi, ma non lo fanno solo perché molto prolifici (ci dicono gli esperti). Allora perché, magari da un documentario, apprendiamo che proprio tra loro, tra quelli che vivono più lontani dal progresso moderno e si ostinano a vivere come secoli fa, ci sono tribù la cui vita media supera abbondantemente la nostra? Sempre gli esperti, ci dicono che le motivazioni vanno ricercate in una vita senza inquinamento e senza i nostri vizi, come cibi troppo grassi e vita sedentaria.

Allora perché continuiamo con il nostro stile di vita, se è davvero così poco affine alla salute?

Cosa non torna nei dati che vengono forniti?

Alle superiori ci dissero che, in realtà, grazie alle scoperte di molti scienziati, tantissime malattie sono davvero state sconfitte e che quelle ancora presenti sono dovute alle controindicazioni del progresso che ha portato a stili di vita sbagliati e al già citato inquinamento, giusto per fare un paio di esempi. Pertanto ora ci ammaliamo quasi esclusivamente di patologie legate a quei fattori, come il cancro e le malattie cardio-vascolari?

Al contrario, tutti possiamo toccare con mano l’endemica presenza di decine e decine di malattie che, seppur tenute sotto controllo, ancora ci costringono a prender farmaci ripetutamente durante l’arco della nostra vita. Posso citare in merito le malattie esantematiche e quelle respiratorie, prime fra tutte le influenze che, nonostante cure all’avanguardia e vaccini, continuano a spassarsela nei nostri organismi riempendo studi medici e farmacie.

Dopo questa costatazione mi viene da chiedere in cosa si continua a sbagliare, visto che “il nemico” sembra farsi beffe di tutto il nostro progresso in campo medico.

Proprio così: la società moderna occidentale ci ha abituato a vedere la malattia come un nemico da sconfiggere e scacciare in continuazione dalle nostre vite. Per farlo ci fornisce dei mezzi, frutto dei centenari studi di luminari per cui, molto spesso, basta recarsi in farmacia per far scomparire i sintomi, come se, spariti quelli, fossimo guariti.

Ma lo siamo davvero?

La società moderna, inoltre, ci fa perdere di vista una cosa fondamentale: l’origine del disturbo.

Come tutti sanno, ogni problematica della vita, inizia sempre con una causa scatenante, poi si passa a un decorso di lunghezza variabile in base a tanti fattori, per poi arrivare alla fine e, nel caso della malattia, alla guarigione. Qual è, allora, il ruolo della causa nell’eziologia medica moderna?

Alla luce di quanto detto, purtroppo spesso si dimentica di dargliene una, accontentandoci di far sparire i sintomi. Ora, tralasciando che si può essere o meno d’accordo con l’approccio della medicina allopatica, c’è un’altra grave omissione che la società moderna ci costringe ad affrontare, arrivando al paradosso del colpevolizzare chi si ammala.

Madri, o potenziali tali, che non trovano lavoro perché i bimbi potrebbero ammalarsi dovendo poi restare a casa per accudirli. Persone che vengono additate perché si beccano un raffreddore.

Siamo passati dalla pietà per chi si sente male alle minacce e ai peggiori auguri per chi si rifiuta di curarsi con le cure ufficiali, preferendo magari i rimedi della nonna. Vogliamo poi parlare quando viene richiesto di curarsi pur essendo sani? Si, perché chi non ha sintomi è, secondo la definizione, una persona sana! Invece si inventano sistemi sempre nuovi per dimostrare il contrario.

Che senso ha la caccia all’untore?

Perché si usano mezzi diagnostici che non sono stati inventati, secondo le parole di chi li ha creati, per diagnosticare?

In ogni caso, il fulcro di questo articolo è un altro: il decorso della malattia stessa.

Come si è potuto passare dalle giornate sdraiati a letto, pur se con febbre e dolori, con qualcuno che ti porta un brodo caldo e t’invita a fare i fumenti, alle corse in farmacia per comprare antiinfiammatori da ingurgitare in quantità al primo sintomo?

Dov’è finito quel detto che diceva “la malattia deve fare il suo corso, vedrai che presto starai meglio”?

Abbiamo permesso che ci venissero rubate le coccole e le attenzioni di cui si ha diritto quando si sta male. Abbiamo permesso che ci venisse inculcata la paura per un po’ di mal di testa o uno starnuto.

Abbiamo soprattutto dimenticato che quelle ore, in cui assomigliavamo a degli zombie e ci sembrava ci fosse passato sopra un autotreno, sono in realtà preziose per guarire non solo a livello fisico. Molti studi fanno pensare che la maggior parte delle malattie, infatti, sia di natura psicologica. Impedendo alle patologie di fare il loro corso, in realtà stiamo ostacolando l’elaborazione e la guarigione di qualcosa che riguarda non solo il nostro corpo fisico, ma anche quello spirituale.

Forse già sapete che noi siamo spiriti incarnati in corpi, che hanno scelto l’esperienza terrena per evolvere. In ogni incarnazione noi affrontiamo tante situazioni che vanno, per comprenderle appieno, assaporate, elaborate e assimilate.

Come possiamo fare tutto ciò se gli togliamo il tempo per farlo accadere?

Ecco che, in questa chiave, ogni malattia diviene uno strumento importantissimo. Mentre stiamo male tendiamo a chiuderci, giustamente, in noi stessi. Anche se inconsciamente, il corpo e lo spirito iniziano a lavorare insieme per uscirne nel migliore dei modi. Per questo, ogni volta che stiamo male, dovremmo farci domande.

Cosa sto guarendo? Su cosa sto lavorando?

La risposta non è per forza necessaria perché i nostri migliori amici sopra citati, faranno comunque il loro lavoro e, se non lo porteranno a compimento, ci ammaleremo ancora e ancora fino alla completa guarigione.

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