Il leprotto e il fungo magico
Ottavo capitolo
In Italiano
e Inglese
Cambiando noi stessi cambiamo il mondo
By changing ourselves we change the world
Uscito dal ruscello, si gustò il calore dei raggi solari, che lo asciugavano, poi tornò con fierezza a casa. La mamma andò incontro a suo figlio felice raccontando di quello strano leprotto che pretendeva di essere il suo cucciolo.
«Proprio non hai capito, vero?» le disse. «Ero io, avevo trovato finalmente il modo per essere come tutti mi volevate, ma tu non hai voluto credermi. Comunque devo ringraziarti. Ora finalmente ho capito chi sono.»
Mamma lepre, infine comprese e si pentì amaramente di aver trattato così aspramente quello che era, per lei, uno sconosciuto. Cercò di scusarsi, ma il leprotto la interruppe: «Non ti preoccupare, ho capito e non m’importa più dei vostri giudizi. Ho compreso il vostro punto di vista, ma vorrei che riflettiate su una cosa: non vi siete resi conto che tutti hanno qualcosa di diverso? Ti sei mai specchiata nel ruscello, mamma? Hai mai notato che sul tuo fianco hai un ciuffo di pelo di un marrone più chiaro? Il papà, invece, ha una zampa più scura e il mio amico ha il naso un po’ storto. Quasi tutti nella comunità hanno qualcosa che li differenzia, altrimenti come faremo a distinguerci gli uni dagli altri?»
La mamma non aveva mai pensato a tutto ciò. Guardò con orgoglio il suo piccolo, che ormai era cresciuto, e andò dal consiglio degli anziani. Lunga fu la riunione che ne seguì. Sembrava non finisse più, tante erano le ore che passarono a discutere.
Quando finalmente gli adulti tornarono dai loro piccoli, qualcosa di profondo era cambiato nella comunità. Tutti, tranne un paio di cocciuti, avevano alla fine capito che le diversità, spesso, erano utili e rendevano chi le possedeva speciale, invece di sbagliato. In qualche modo erano tutti unici, ed era per questo che la grande famiglia delle lepri funzionava così bene.
Le ripercussioni si videro presto. Finirono i battibecchi con i conigli perché, quando gli venne spiegata la bellissima idea, furono ben felici di accettare la tregua.
In realtà, poi le discussioni si spostarono per abitudine su altri temi, ma questa è un’altra storia.
Nessuno fu più cacciato dalla propria casa e anche il nostro leprotto, ormai adulto, poté vivere con fierezza insieme alla sua famiglia, che lo considerava quasi un eroe.
Solo una cosa non cambiò mai: il nostro amico orecchiuto tornò tutti i giorni al ruscello, questa volta, però, solo per chiacchierare col suo amico dall’azzurro cappello.
He came out of the stream, enjoyed the warmth of the sun’s rays, which dried him out, then proudly returned home. The mother went to meet her happy son, telling him about the strange hare that claimed to be her pet.
“You just didn’t understand, did you?” he told her. “It was me, I had finally found a way to be the way you all wanted me to be, but you didn’t want to believe me. Still, I have to thank you. Now I finally understand who I am.”
Mother hare finally understood and bitterly regretted having treated so harshly what was, for her, a stranger. She tried to apologise, but the hare interrupted her: ‘Don’t worry, I understand and I no longer care about your judgements. I understand your point of view, but I would like you to think about something: haven’t you realised that everyone has something different? Have you ever mirrored yourself in the stream, Mum? Have you ever noticed that you have a lighter brown tuft of hair on your side? Dad, on the other hand, has a darker paw and my friend has a slightly crooked nose. Almost everyone in the community has something that differentiates them, otherwise how will we distinguish one from the other?”
Mother had never thought of this. She looked proudly at her little one, who had now grown up, and went to the council of elders. Long was the meeting that followed. It seemed to go on forever, so many hours were spent in discussion.
When the adults finally returned to their young, something profound had changed in the community. All but a couple of stubborn ones had finally realised that differences were often useful and made those who possessed them special, instead of wrong. Somehow they were all unique, and that was why the big hare family worked so well.
The repercussions were soon seen. The squabbles with the rabbits ended because, when the beautiful idea was explained to them, they were happy to accept the truce.
In reality, discussions then shifted to other topics out of habit, but that is another story.
No one was ever driven from their home again and even our hare, now an adult, was able to live proudly with his family, who considered him almost a hero.
Only one thing never changed: our eared friend returned every day to the stream, this time, however, only to chat with his blue-hatted friend.
FINE
THE END