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"Il fantasma di Fogliano" e l'ulivo.

Benvenuti a Radio Crimy con la nona puntata della rubrica “erbe, strane storie e benessere”, in cui vi parlerò di favole, di magia della vita e dell’amore verso questo meraviglioso pianeta.

Chi vi parla è Gina Marcantonini, tata, sognatrice e scrittrice di libri per bambini che oggi vi leggerà la favola “Il Fantasma di Fogliano” per collegarla con un albero meraviglioso: l’ulivo.

 

Faleria è un paesino al confine sud della provincia di Viterbo in cui, come in tanti altri in giro per la nostra bella Italia, si mescola la storia antichissima con quella moderna, nello stesso modo in cui le emigrazioni fanno mischiare le genti. Questi mini comuni, nascondono molto spesso tesori inaspettati e ricchissimi di storia e radici che è un vero peccato vadano perse.

Proprio in questo contesto storico, in cui la gente originaria del luogo tende a diminuire sempre, è tanto più importante mantenere vive tradizioni e leggende, raccontandole e tramandandole anche ai “forestieri” che ci vengono ad abitare attirati dai prezzi minori delle case.

Questo luogo in particolare, ha il privilegio di avere nel suo territorio ben tre castelli, Fogliano, Anguillara e Ottone III, in cui vicende di antichi cavalieri s’intrecciano con la moderna società.

Di certo, in zona, tutti sanno che, nella zona chiamata “Mont’ultimo”, c’è il castello di Fogliano Strozzi, ma quasi nessuno sa, invece, che lì abita uno spettro di nome Alberto.

Il fantasma Alberto è quello che rimane di un viandante vissuto ai tempi della famiglia Fogliano che, in una fredda e piovosa notte d’inverno, non gli aveva voluto dare ospitalità.

Il viaggiatore allora giurò vendetta.

«Un giorno tutto questo sarà mio!» gli urlò in un attimo di disperazione. Ovviamente in risposta ricevette solo una sonora risata e una porta in faccia. L’uomo fu così costretto a rifugiarsi in una grotta in cui morì per le rigide temperature. 

Quando si ritrovò nei panni di fantasma, Alberto, dopo un attimo di smarrimento, invece di perdersi d’animo iniziò quasi subito a godere della sua nuova condizione. Decise così di passare le sue giornate divertendosi un mondo a fare scherzi agli abitanti del castello. Soprattutto amava dar lezioni a chi si comportava male verso le persone indifese come lo sono i pellegrini, i bambini e le donne. In vita aveva tanto desiderato avere dei figli, ma l’universo aveva deciso diversamente, così ora adorava osservare i loro giochi e, difendendoli in qualche modo, lo faceva sentire un po’ padre.

Per esempio un giorno, mentre infuriava una tremenda e divertentissima battaglia di palle di fango, un bimbo inavvertitamente ne lanciò una addosso a un ricco e panciuto signore che, sceso da cavallo, già agitava minaccioso il frustino verso il piccolo.

L’esagerata e rabbiosa reazione dell’indisponente e orgoglioso riccone fece immediatamente scattare Alberto. Proprio un attimo prima che la ferocia dell’uomo riuscisse a mettere a segno sulla testolina del piccino un esagerato, brutale e quasi fatale colpo, gli infilò un bastone tra i piedoni facendolo ruzzolare tra le gambe del cavallo che, imbizzarritosi corse via. A quel punto la rabbia crebbe a dismisura ma diede il tempo al bimbo di fuggire nel labirinto di vicoli del borgo.

L’uomo, preso alla sprovvista, dovette per forza occuparsi della sua cavalcatura se non voleva perderla, così fu costretto a placare i suoi istinti rabbiosi correndo nella direzione presa dall’animale.

Passarono i secoli, le vicende dei popoli si alternarono spostandoli in luoghi diversi, ma dando la possibilità ad Alberto di mantenere la sua promessa di vendetta impadronendosi del castello, ormai abbandonato.

 Arrivato ai nostri giorni, non è sempre semplice per lui trovare occupazioni con cui passare le giornate, ma nonostante ciò, si sente sereno ed ecco quel che fa in questi anni per ammazzare il tempo.

Innanzi tutto non vive sempre lì. Nei periodi più freddi dell’anno si trasferisce poco lontano, nel castello degli Anguillara, situato nello stesso comune, che è sicuramente più “intero” e gli offre il rifugio di cui sente il bisogno. Il suo posto preferito è il primo piano dei sotterranei, dal quale riesce, attraverso piccoli fori e feritoie, a veder passare la gente. Adora guardare le nostre numerose e diverse occupazioni, alcune delle quali per lui insensate, come quella di passare ore e ore sopra a marchingegni elettronici.

Per lui è tutto molto più divertente, quando si svolgono le numerose feste e rievocazioni storiche in cui grandi e piccini sfilano per il paese, magari sfoggiando costumi antichi. In quei momenti prende piede nel suo cuore una dolce nostalgia dei suoi tempi che gli riempie il cuore di gioia.

La cosa che adora di più, però, rimane sempre osservare i bambini nei loro giochi, anche quando aspettano davanti alla “Sala della Misericordia” per seguire le lezioni di judo e danza che qui si tengono.

D’estate, invece, al castello di Fogliano, ama dormire all’aria aperta, specialmente ora che hanno risistemato e recintato la zona per impedire scempi alla natura, facendola diventare una piccola oasi in cui fare scampagnate, pic-nic e passare qualche ora nella magica atmosfera del bosco.

A volte si diverte a spiare le coppiette che lì si recano ad amoreggiare, e pensa così alla sua bella che tanto lo aveva amato. In quei tempi lontani era stato molto felice, poi una malattia distrusse la sua famiglia e lui divenne viandante. Ora però è davvero molto contento di essere lì perché conduce una vita serena e sembra voler invitare tutti ad affrontare con più serenità e leggerezza i problemi che quotidianamente ci affliggono.

La felicità è uno stato d’animo in cui si sceglie di vivere quando, raggiunta una certa maturità spirituale, si capisce che la vita è fatta di tantissime cose diverse, tutte con un grande valore per noi. Ogni situazione ci fa crescere e ci insegna a essere migliori. Sta a noi poi la scelta di straziarci il cuore per ogni avvenimento, piccolo o grande che sia, o voler capire e godere di ognuna di loro.

 Se vi è piaciuta questa storia, potrete trovarla sulla raccolta Fiabe Sonnacchiose, edito da Blitos, ma quasi nessuno sa che i luoghi descritti in questo raccontino esistono davvero e che nella mia immaginazione sul corpo del fantasma è cresciuto uno stupendo ulivo, pianta che da sempre dona benessere agli abitanti della zona insieme a suo cugino il nocciolo.

È un albero sempreverde a crescita lenta che si crede originario dell’Asia Minore o della Siria, perché in questi luoghi vi cresce selvatico fin dall’antichità, formando addirittura delle foreste. In condizioni favorevoli può diventare millenario e crescere fino a un’altezza di 15/20 m e si pensa che i primi a scoprirne le proprietà furono i Greci.

I suoi frutti, se mangiati crudi, sono amari per il contenuto di polifenoli, ma dopo lavorazioni che sono diverse a secondo delle tradizioni popolari, possono diventare davvero gustosi, tanto che ne sono state anche selezionate alcune varietà che ne contengono in quantità minori. Il maggior uso rimane però sempre per la produzione del liquido meraviglioso che tutti conosciamo. L’olio è un alimento altamente energetico con una concentrazione di acidi grassi monoinsaturi, tanto importanti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari per la totale assenza di colesterolo. Contiene anche un buon dosaggio di vit. E che ha una forte azione antiossidante, rallentando l’invecchiamento cellulare e contrastando la formazione dei famigerati radicali liberi.

Nella salute della nostra pelle, l’olio extravergine di oliva la protegge e la rende morbida ed elastica anche per la presenza di Vit. A. Per questo diventa spesso ingrediente fondamentale di creme e saponi delicati.

Se questi usi sono abbastanza noti alla maggior parte delle persone, pochi invece sanno che le foglie possono essere usate anche sotto forma di tisana per le proprietà ipoglicemizzanti, antiossidanti, antiaritmiche, ipotensive e spasmolitiche a livello intestinale.

Per la raccolta raccomando come sempre attenzione nell’identificazione, perché, nonostante questo albero sia molto conosciuto, vi assicuro che ci sono piante simili che potrebbero esser scambiate da chi non è pratico.

Anche per i diversi usi vi chiedo di fare attenzione e, per ogni dubbio, di rivolgervi a uno specialista.

Non ci serve un esperto invece per fare una bella ricerca nel web con mente aperta e buon cuore, lasciandoci guidare dall’istinto che non sbaglia mai.

Nei migliori siti, che conosco ormai da anni, ho letto che in magia l’ulivo veniva usato  come simbolo d’eccellenza per portare pace, per donare calma e per stimolare la spiritualità, per benedire, esorcizzare e proteggere,  infine per portare prosperità e salute.

Di leggende ce ne sono davvero tante che hanno in comune il fatto che l’ulivo sia il dono degli dei per gli uomini. Potete andare a cercarle quando volete, ma una mi ha colpita in modo particolare. Tra gli Egizi si racconta che sia stata Iside a farci il meraviglioso dono, dea della Luna, della maternità, della fertilità e protettrice dei defunti, sposa di Osiride il dio Sole. Per onorare questa unione, le foglie dell’ulivo sono argentee come la luna e l’olio è dorato come il sole.

Finisce qui anche questa puntata e, se vi è piaciuta, continuate a seguire Radio Crimy.

Ciao ciao.

P.s. Per ascoltare la puntata con la mia voce potete cliccare su questo linkhttps://anchor.fm/il-mondo-di-crimy-art

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